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Il punto sulla Strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici

news_31.07.2014Intervista a Sergio Castellari*, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici
a cura di Karl-Ludwig Schibel
Al centro della Napoli Convention “Il Patto dei Sindaci 2.0 per una smart city”*, che si è svolta il 12 settembre 2014, è stata una politica locale del clima che sa integrare la mitigazione dei gas serra con l’adattamento ai cambiamenti climatici, nella prospettiva di uno sviluppo territoriale intelligente e sostenibile. Tra i relatori di rilievo nazionale e internazionale era presente anche Sergio Castellari, ricercatore del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Focal Point Nazionale per l’Italia dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).

A che punto è la Strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici? L’elaborazione è stata avviata nel 2012 dal Ministero dell’ambiente. Da ottobre a novembre 2012 un questionario è stato messo on line sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare sul tema della vulnerabilità, resilienza e adattamento ai cambiamenti climatici e, alla fine del 2013, una bozza avanzata del documento Elementi per una Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici” alla base della Strategia Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è stata sottoposta a una revisione on-line da parte degli stakeholder nazionali. La consultazione pubblica è andata avanti fino al gennaio 2014. Che cosa sta succedendo adesso?
Il progetto nazionale SNAC, che ha elaborato il pacchetto di documenti alla base della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici e che ho coordinato dal 2012, è terminato il 5 luglio scorso e ha coinvolto la comunità scientifica che lavora nelle discipline che hanno a che fare con i cambiamenti climatici. La documentazione, appena consegnata al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, include un rapporto tecnico-scientifico che analizza le vulnerabilità del nostro territorio agli impatti dei cambiamenti climatici, una sintesi del rapporto stesso e un rapporto tecnico-giuridico che studia la normativa comunitaria e nazionale rilevante per gli impatti, la vulnerabilità e l’adattamento ai cambiamenti climatici, in cui vengono analizzate più di 30 tra direttive e regolamenti europei. Infine è stato consegnato anche un documento dal titolo “Elementi per una strategia di adattamento”, che basandosi sui precedenti rapporti fornisce proposte di azioni settoriali e intersettoriali di adattamento a corto termine (entro il 2020) e a lungo termine. A questo punto il Ministero dell’Ambiente ha elaborato, sulla base di questi documenti, la strategia nazionale che presumibilmente verrà adottata entro la fine della presidenza italiana.
Coordinare un lavoro che ha coinvolto ben 120 scienziati della comunità scientifica stando a stretto contatto con l’unità adattamento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, oltre che con il tavolo istituzionale che ha coinvolto tutti i ministeri, la Protezione Civile, l’Ispra, l’Anci, l’Upi e il Comitato Regioni è stato molto coinvolgente e ha prodotto un risultato che sono sicuro sarà molto utile al nostro paese.

Una strategia nazionale si riferisce alle misure da intraprendere per resistere ai cambiamenti climatici, appunto, a livello nazionale. Grandi infrastrutture di mobilità, di reti per l’energia e la comunicazione, etc. Una buona parte dell’adattamento ai cambiamenti climatici è, però, una questione locale di aumentare la resilienza sul luogo. Eventi meteorologici estremi, strade e cantine allagate, persone che soffrono a causa di ondate di caldo, sono eventi che si verificano in determinate aree. Qual è, e quale dovrebbe essere, in un modello ideale di multilevel governance il rapporto tra la strategia nazionale e i piani locali di adattamento?
Trattandosi di una strategia nazionale, serve a fare da punto di riferimento per ogni azione futura sull’adattamento ed è allineata alla strategia adottata dalla Commissione europea, rilasciata pubblicamente il 16 luglio del 2013. All’interno di questo pacchetto si trova un documento dal titolo “Linee guida per i piani e le strategie di adattamento”. Si tratta di sei punti che rispecchiano anche l’Adaptation Support Tool della piattaforma europea Climate Adapt. La strategia italiana cattura i primi quattro passi di queste linee guida e offre un approccio settoriale e cross-settoriale, comprendendo 18 micro settori che vanno dalle risorse idriche agli ecosistemi terrestri e marini, dalle foreste alle aree urbane, dal patrimonio culturale al turismo e due casi speciali: il bacino idrografico del Po e le aree montane. Il documento strategico “Elementi per una strategia di adattamento”, agendo a livello nazionale, fornisce anche varie tabelle, che racchiudono tutte le azioni suggerite dalla comunità scientifica, revisionate dagli stakeholder e dalle istituzioni italiane coinvolgendo il contesto locale e settoriale.
Detto questo, per rispondere alla domanda sul multilevel governance direi che l’Italia ha un sistema di governance non federale ma sicuramente molto regionalizzato, molto simile alla Germania. Io personalmente vedo nella strategia nazionale la spina dorsale di tutte le strategie locali. I vari futuri piani di adattamento potranno fare riferimento a essa avendo così una maggiore inquadratura e coerenza, anche dal punto di vista istituzionale. Proprio su questa base diverse regioni italiane, come la Lombardia e l’Emilia Romagna, stanno cominciando a costruire delle strategie regionali per l’adattamento ai cambiamenti climatici che possono trovare in quella nazionale il punto di riferimento per omogeneizzarne la procedura di elaborazione. Quindi essa offre sì un modello di riferimento che però deve avere la sua ricaduta a livello regionale e locale.

Le opportunità, anche per gli attori privati, che offre la mitigazione dei cambiamenti climatici – la riduzione delle emissioni di gas serra – sono abbastanza ovvie. L’efficienza energetica abbassa i costi, la produzione di energia da fonti rinnovabili aumenta la sicurezza energetica e migliora la qualità dell’ambiente. Meno chiaro è, però, quali potrebbero essere le opportunità dell’adattamento. Sembra che si tratti solo di costi e poi non si sa neanche se veramente le misure serviranno, se gli impatti previsti nella propria città, nel proprio territorio, realmente si verificheranno nel modo atteso. Si tratta solo di una politica territoriale difensiva che ha dei costi e basta?
Per rispondere mi riallaccio a quanto scritto nel Libro Bianco “L’adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d’azione europeo”, pubblicato dalla Commissione europea nel 2009, e cioè che tutta la politica di adattamento a livello europeo è impostata come opportunità e non solo come politica di resilienza ai cambiamenti climatici. Essa viene vista in sinergia con la politica di mitigazione, che è meno recente rispetto a quella per l’adattamento e che si basa sulle opportunità che la green economy offre per lo sviluppo tecnologico e sociale. Il primo documento della Commissione europea che elaborava qualche punto di discussione sull’adattamento risale al 2005, mentre la prima discussione vera e propria da parte degli stakeholder comunitari è nata nel 2007 con la preparazione del “Libro verde della Commissione sull’adattamento ai cambiamenti climatici in Europa: quali possibilità di intervento per l’UE”. Quindi il concetto dell’adattamento ai cambiamenti climatici è un concetto ancora giovane a livello europeo, ma già 18 paesi europei hanno adottato una strategia nazionale di adattamento (il primo Paese europeo è stato la Finlandia nel 2005). Circa 10 di questi 18 hanno un piano e hanno quindi iniziato ad implementare la strategia nazionale. Io mi auguro che l’Italia possa essere il diciannovesimo Paese europeo ad adottare una Strategia Nazionale di adattamento.
In conclusione, io immagino la strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici come uno strumento che possa creare in futuro opportunità di lavoro e che debba necessariamente operare in sinergia con il settore privato, il quale è stato coinvolto attivamente durante l’elaborazione e la revisione dei documenti preparatori interessando stakeholder del settore energetico, assicurativo, agricolo e turistico. La strategia nazionale così presentata necessita di una revisione nei prossimi anni, che tenga conto degli avanzamenti fatti dalla comunità scientifica e delle osservazioni degli stakeholder. In questo modo il documento non deve essere visto come un prodotto ma come un processo in continuo divenire.

Con Mayors Adapt la Commissione europea ha lanciato un’iniziativa che incentiva un rapporto diretto tra il livello europeo e il livello locale. Quale potrebbe essere l’utilità specifica di una tale iniziativa? Come potrebbe migliorare la qualità della prevenzione e ridurre la vulnerabilità delle nostre città?
L’iniziativa Mayors Adapt rientra tra le proposte della strategia europea del 2013 ed è stata elaborata tramite un progetto del DG Clima. La Comunità europea è stata molto efficace nel realizzare questa iniziativa, impiegando soltanto un anno dalla pubblicazione della strategia europea, proprio perché ritiene fondamentale affiancarla al processo del Patto dei Sindaci per la mitigazione e per l’elaborazione dei PAES. Questo perché il tema dell’adattamento oggi ha raggiunto lo stesso grado di rilevanza della mitigazione a livello delle politiche comunitarie. Ritengo dunque molto utile il fatto che l’iniziativa Mayors Adapt sia stata lanciata adesso (la cerimonia d’inaugurazione si terrà a Bruxelles il prossimo 16 ottobre). La città di Bologna, in cui vivo, ha aderito per prima in Italia a questa iniziativa già nel mese di giugno. Credo, infatti, che l’iniziativa sia in grado di spingere tutte le municipalità italiane a fare i conti con il concetto dell’adattamento e della resilienza climatica, che è un concetto diverso da quello della gestione delle emergenze. Porterà quindi i decisori politici a ragionare sulla prevenzione del rischio climatico con una visione temporale più lunga.

Dopo che il 5° rapporto di Valutazione dell’IPCC è stato pubblicato, su che cosa state lavorando come studiosi dell’adattamento ai cambiamenti climatici? Quali sono i prossimi passi da affrontare? Non è che sappiamo già tutto quello che c’è da sapere e si tratta semplicemente di agire?
Il progresso scientifico va avanti, quindi non è che sappiamo già tutto, ci sono ancora cose da scoprire e capire, ma ne sappiamo abbastanza per poter essere già in grado di agire. Non sappiamo per esempio ancora molto sull’attribuzione delle cause dei cambiamenti climatici legati all’attività antropogenica su scale locali. Però, nel campo dell’adattamento, sappiamo che agire in maniera integrata e pianificata nella prevenzione del rischio climatico ci permetterà di risparmiare risorse finanziare in futuro per rimediare agli eventuali disastri. Questo concetto è ben espresso nel secondo volume del rapporto dell’IPCC sugli impatti, adattamento e vulnerabilità ai cambiamenti climatici. A settembre parteciperò come delegato italiano IPCC a una discussione di due giorni a Ginevra dove parleremo del futuro dell’IPCC, fra i punti da dibattere c’è anche quello di capire come poter migliorare la fruibilità da parte dei decisori politici dei rapporti IPCC.

* Sergio Castellari, ha una Laurea in Fisica all’Università di Bologna e un Dottorato di Ricerca (Ph.D.) in Meteorologia e Oceanografia Fisica dell’Università di Miami, Florida, USA. Dal 2000 lavora all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), sede di Bologna, dove dal 2008 è Primo Tecnologo. Dal 2007 è comandato come Senior Scientist al Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), dove è responsabile dell’Unità di Ricerca “Relazioni Istituzionali e Politiche di Adattamento”. Partecipa a progetti internazionali e nazionali nel campo dei cambiamenti climatici e delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici (i più recenti sono: i progetti EU FP7 CIRCLE2 e BASE). Dal 2011 è il coordinatore dell’European Topic Centre on Climate Change impacts, vulnerability and adaptation (ETC/CCA) dell’Agenzia Ambientale Europea (EEA). Dal Luglio 2012 al giugno 2014 è stato il coordinatore del progetto nazionale “Elementi per l’elaborazione della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici – SNAC” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) finalizzato ad elaborare una Strategia Nazionale di Adattamento ai cambiamenti climatici per l’Italia. Dal 2001 come esperto climatico del MATTM ha partecipato a sessioni IPCC, UNFCCC e UNEP. Dal 2006 al 2011 è stato Co-Chairman di Gruppi Negoziali (Contact Groups) sulla ricerca climatica a varie sessioni dell’UNFCCC.  Dal agosto 2006 è il Focal Point Nazionale dell’IPCC per l’Italia.  Dal 2007 è professore a contratto del corso “Cambiamenti climatici e Politiche Internazionali” al Dottorato di Scienze e Gestione dei Cambiamenti Climatici dell’Università Ca’ Foscari (Venezia).  E’ stato cocuratore del libro “I cambiamenti climatici in Italia: evidenze, vulnerabilità, impatti” pubblicato nell’aprile 2010.

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